Parliamo del sesso dei disabili? No, non sarà una pagina bianca. No, nemmeno un lunghissimo minuto di silenzio.
Mi sembra di sentirti:” allora parli dell’assistente sessuale?” Ma perché ogni volta che si parla di sesso e disabili esce fuori l’assistente sessuale?
Con tono saccente scatti in piedi: ”Anche i disabili hanno diritto a fare sesso”.
Non urlare e per piacere rimettiti a sedere.
L’assistente sessuale è una figura pseudo medica: è un assistente alla masturbazione, necessaria solo a chi non può farlo autonomamente: Si spoglia, si sdraia vicino a te così da farti percepire un contatto pelle a pelle e poi ti tocca, ti accarezza.
È praticamente un massaggio tailandese con l’happy ending.
Ma certo hanno fatto un corso. Pensa… E io invece che le pippe me le so’ sempre fatte da autodidatta. Sì lo ammetto sono scorretto: sono professioniste preparate, sono come gli infermieri o i fisioterapisti.
Hai ragione è una fisioterapista che ti fa una sega.
No, non sto dicendo che non sia necessario per alcuni. Solo che non è sesso.
E Insisti con il tono saccente: “è tutto partito dall’esperienza di Fulvio Frisone. Sai chi è?”
Sempre con questa storia. Certo che so chi è. Fulvio è un fisico nucleare affetto da tetra paresi spastica con numerosissime pubblicazioni al suo attivo. Ma in Italia è famoso perché la mamma lo accompagnava a mignotte.
Mi ricordo perfettamente la prima volta che l’ho visto. Guardavo il Costanzo Show in camera di mia nonna. La madre di Fulvio era una degli ospiti e dietro di lei, seduta di spalle come una pentita di mafia, una prostituta.
Indicando la prostituta cominciò a parlare:
-Ringrazio le donne come lei
Incalzata da Costanzo:
-Da quanto suo figlio…
Non gli fece finire nemmeno la domana:
-Fulvio oggi ha 36 anni e va tre volte a settimana da quando ne aveva 16.
Facendo un rapido calcolo e con una luce di orgoglio sia negli occhi che nella voce:
-Mio figlio è andato a donne 3120 volte.
Un instante e il silenzio avvolge il teatro. Non riuscivo a non pensarci 3120 volte. Io invece avevo 17 anni e non ne avevo fatta nemmeno una. Guardo verso il basso come per rivolgermi ai miei attributi: “Arriveremo mai a 3120 volte?”
E no, non credo di esserci ancora arrivato, ma continuo a impegnarmi tanto. Comunque, il punto non è questo. Immagino di andare da Fulvio:
-Sai oggi viene la lovegiver
Lo immagino già con espressione soddisfatta e lo sguardo ingrifato. Certo non parla bene ma per capirlo non servirebbe parole, basterebbe qualche gesto:
-No non può farti un …
-No non puoi nemmeno… una sega… al massimo una sega.
Col dito mi indicherebbe di aprire il cassetto del comodino e poi di prendere i soldi. sforzandosi di parlare, so già cosa mi direbbe:
-Andiamo a mignotte stasera offro io.
No, non sto sponsorizzando la prostituzione. Non ci crederai ma ci sono anche altre alternative. E adesso cos’è quella faccia a punto interrogativo? Avvicinati ti dico un segreto. Avvicinati di più, non farmi urlare.
Tu non ci crederai, ma i disabili possono anche rimorchiare!
È normale che tu non ci creda, da ragazzo non ci credevo nemmeno io. Anche perché per tutte le medie e le superiori nessuna mi aveva mai toccato.
E no non intendo toccare come di solito facevo io chiuso nel bagno. Intendo proprio il contatto fisico. La prima volta che, all’università, una ragazza mi ha abbracciato ha iniziato a battermi forte il cuore e ho pure pensato: ”e vaiii questa mi ama”.
Ma allora eri un disadattato? Certo ma mica perché ero handiccappato, solo perché non ero abituato.
Sì lo so che ho detto ero e No, non sono andato a Lourdes Vedi l’handicappato è uno stato mentale. Mi spiego meglio: Immagina la vita come un grande pranzo di Natale. Tutti intenti ad addentare, masticare e qualcuno ancora con la bocca piena, urla:
-Passami la coscia d’agnello.
-No, quella è mia…
Un colpo secco sulla mano sposta la presa sul pezzo accanto. Chi invece allunga la mano verso la guantiera dei dolci.
-Io voglio gli struffoli
-Io una fetta di pandoro
E la strappa direttamente con le mani.
In tutto questo quale era il mio posto? Sotto al tavolo. E mi sentivo pure fortunato… il nonno lo tenevano lì nell’angolo, non lo facevano nemmeno avvicinare alla tavola. Almeno sotto al tavolo qualche pezzo di capretto, qualche tozzo di pane, qualche brandello di pandoro magari cadeva.
Poi non so cosa sia successo: forse lì sotto si sta scomodi, forse avevo fame o forse mi ero semplicemente rotto il cazzo. E così ho iniziato a salire da sotto al tavolo a farmi spazio per mettermi a sedere.
Ho iniziato pure a provarci. La mia media? 2 su 10. Per ogni 8 “ti vedo come un amico”, “no guarda non me la sento, ”scusa non sei tu sono io” due mi dicevano sì.
Lo so cosa stai per dire: “facile dirlo per te: hai studiato, hai un lavoro, tanti amici… e scrivi pure”.
Mi ricordo ancora la prima lezione di scrittura: noi seduti disposti in fila, davanti a noi gli insegnanti dietro la cattedra. Ci fanno prendere un foglio e….
-Ora scrivete: “perché scrivo”.
E io a cercare la frase di impatto, che dimostrasse spessore, sensibilità. Quando bastava essere onesti:
“scrivo per la gnocca”
Ti dico un altro segreto: ”Ho fatto tutto per la gnocca”. Se la gnocca me l’avessero portata a casa adesso starei sul divano a fare zapping davanti alla tv.
Non ho mai smesso di provarci. Ci provo sempre e comunque, la mia media è rimasta costante: 2 su 10. Se Sembrano molte di più è perché mi sostiene la legge dei grandi numeri.
Adesso scusami ma devo uscire a prendermi un po’ di due di picchè così forse domani si tromba. A proposito: ”Tu… stasera… che fai?”
Realizzato durante il corso Scrivere e fare Radio Della scuola Genius il 15 Gennaio 2020