Accessibilità: Immagine rettangolare in verticale con al centro la copertina del mio libro. Lo sfondo è bianco, al centro è disegnata una mappa piegata di una città con le strade gialle e i quartieri in verde e giallo chiaro; agli angoli della mappa sono dislocati quattro cartelli stradali di divieto surreali, cerchiati in rosso: divieto di passaggio per carrozzina con rimorchio; divieto di “trombare” (una tromba in mezzo al cerchio); divieto di sedurre una donna (al centro del tondo sono disegnate due gambe di donna con ai piedi tacchi alti); segnale di pericolo “cuore infranto”, con al centro il simbolo del cuore spezzato. Al centro della mappa c’è un segnale più grande di divieto d’accesso al cui centro del tondo vi è la sagoma di un uomo seduto in carrozzina e si può scorgere una donna inginocchiata ai suoi piedi nell’atto di eseguire una fellatio. Sopra la mappa c’è scritto il mio nome in grassetto nero (Giangiacomo Tedeschi) e sotto, il titolo del libro “Ce la fai?” in stampatello maiuscolo di colore arancione chiaro. In basso a destra c’è l’immagine di una persona di spalle, seduta su una carrozzina dalle ruote gialle. I capelli della persona sono marroni, la persona indossa una camicia rossa a maniche corte. Al centro, in basso e in piccolo, il logo di un libro aperto stilizzato, con sotto il nome della mia Casa Editrice “Felici Editore”. In alto a destra, un rettangolino bianco in verticale mostra la data di pubblicazione dell’estratto su questo sito: 13 Dicembre 2022.
La Puttana
Anna, per assicurarsi che non mi perda, mi dà un foglietto con le indicazioni. Con un occhio sulla strada e l’altro agli appunti: Sì, ecco il bar… Questa deve essere la rotonda… E questo il parco… Tutto chiaro, ma quella pompa di benzina proprio non riesco a trovarla. Guido per chilometri. Poi, ecco. Un vicoletto a destra. In lontananza vedo alcune auto in attesa, lì dev’esserci la pompa di benzina.
La strada è stretta, l’asfalto è crepato e pieno di buche, una vera mano santa per le sospensioni. La macchina balla avanti e indietro. Poi prendo una buca più profonda delle altre e sento un botto. Rallento. Vado così lento che mi sorpasserebbe anche una lumaca ma almeno non rischio di bucare e poi… Credo di essermi perso.
In fondo alla strada vedo un’ombra, sembra una persona. Più mi avvicino e più ne sono certo. Arrivato a pochi metri la vedo bene: una puttana!
Raggiunta una fila di macchine, mi fermo. Ci muoviamo poco, non sembriamo per strada ma in fila alla cassa del supermercato. Cerco di guardare all’orizzonte: non vedo nessuna insegna di benzinaio. Forse un incidente? Ma non sento sirene di polizia o ambulanze. Suono il clacson. Da qualche auto più avanti sento una voce:
“Famme finì e aspetta er turno tuo.”
È seduta, gambe accavallate, su un paracarro in una rientranza laterale della strada: stivale nero, culo a mandolino libero al vento e un toppino leopardato che le stringe le tette e che sembra possa esplodere da un momento all’altro. Appesa al braccio una borsetta fa da pendant al toppino. Mi fermo. No, non è come pensi, mi fermo a una decina di metri a guardarla. Si volta, mi vede e mi fa un sorriso. Abbasso immediatamente lo sguardo proprio come faccio con i prof per non essere interrogato. Sento il rumore di una macchina. Il cliente si ferma e io alzo lentamente lo sguardo.
Lo vedo parcheggiare nella rientranza. La Donna Tigre si alza, si sporge in avanti verso il finestrino del passeggero mettendo in mostra un culo che avrebbe dovuto essere esposto al Louvre. Poi apre lo sportello ed entra in auto.
Passano cinque, dieci, forse quindici minuti.
Potrei o forse dovrei andare via ma invece resto lì a guardare quella macchina che non balla quasi per niente, come invece mi sarei aspettato. Poi le portiere si aprono. Mentre la Tigre del ribaltabile torna a sedersi, il guidatore esce dall’auto: la sua pancia pare una mongolfiera, è così sudato da sembrare unto; si ravana vistosamente nei pantaloni sbottonati tentando di infilare dentro la camicia. Deve trattenere il respiro per ben due volte prima di riuscire a riallacciarli. Scoppio a ridere. Poi guardo la patta dei miei pantaloni: Cazzo, se va con lui…
In macchina sarebbe stato difficile fare sesso, ma almeno un pompino o al limite una sega. Volevo dare al mio attrezzo la soddisfazione di essere impugnato da qualcuno che non fossi io.