Accessibilità: Immagine rettangolare in orizzontale. Sulla sinistra in primo piano, la foto di profilo del viso di Piergiorgio Welby da giovane, in atteggiamento pensieroso, con le dita della mano destra appoggiate sotto al mento. Welby aveva occhi castani, folti capelli corti e baffi castani. Nello sfondo, un cielo bianco e il verde di alberi. In alto a destra, un rettangolino bianco in verticale mostra la data di pubblicazione del racconto su questo sito: 14 Agosto 2019.
Accendo la tv, cerco tra i canali un telegiornale. Tante notizie si susseguono velocemente, mentre sto per andare in cucina a preparare il pranzo: alluvioni, omicidi, malattie e terrorismo; quando… un servizio attrae la mia attenzione. Mi fermo e ascolto.
Il Papa: “Aborto, eutanasia e fecondazione sono falsa compassione”. I medici cattolici debbono fare “scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza”.
A quelle parole la mia mente viaggia e ricorda Piergiorgio Welby, forse il primo e unico caso ufficiale di eutanasia in Italia. Senza farci caso mi trovo a parlare ad alta voce e a chiedere “Piergiorgio adesso come stai?”.
Improvvisamente, un botto, la finestra del soggiorno si spalanca, il vento entra e gonfia le tende. Sto per andare a chiuderla, ma il vento aumenta e mi spinge sulla poltrona. Tutte le luci si accendono, vorrei andare a spegnerle, ma non riesco a muovermi. Mi agito, provo a urlare ma non posso emettere nessun suono. Sono bloccato. Sento il cuore che mi batte nel petto, sembra voglia esplodere. Poi come una voce, un suono flebile trascinato dal vento che mi accarezza affettuosamente la guancia.
“Sono io, sono Piergiorgio”, mi dice, “tranquillo e ascolta”.
“Sai io qui sto bene. Non sento più l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore. Adesso riesco ad ascoltare la musica, e a ballare nel vento, a correre schivando le nuvole, a tuffarmi nel blu, come al mare da bambino, quando mi tuffavo tra le onde prendendole di petto. Sfidavo l’onda che mi avvolgeva trascinandomi giù. Arrivato in fondo, velocemente risalivo a prendere aria, respiravo profondamente. L’aria fresca entrava dalla bocca, attraversava velocemente la gola e gonfiava i polmoni”.
“Poi la vita mi ha preso di petto e mi ha trascinato giù, sempre più giù, ero come incatenato al fondo, non potevo risalire. Non potevo muovermi, né respirare. Ma ora no! Ora sono libero. Libero di volare, di andare dove voglio”.
“Dal letto della mia camera vedevo solo il soffitto, invece ora, la sera, mi sdraio su una nuvola e vedo le stelle: grandi, piccole, tutte diverse. Quando una mi affascina particolarmente, mi alzo e spicco il volo per osservarla da vicino. Sento l’aria che mi attraversa durante il volo, mi ricorda quando con la bicicletta mi lanciavo per la discesa vicino casa senza pedalare, chiudevo gli occhi, sentivo l’aria sbattermi sul viso, il vento tra i capelli”.
“Qui non ho limiti. Intrappolato nel mio corpo ho dovuto sempre dipendere da qualcuno o da qualcosa: dai respiratori, dai medicinali che mi stordivano non facendomi sentire il dolore, da mia moglie Mina che mi lavava”.
“Mia moglie, quante volte, avrei voluto baciarla o soltanto accarezzarla. Mi tirava su per lavarmi, senza mai lamentarsi anzi, cercando di sorridere per strapparmi un sorriso. Se soltanto avessi avuto la forza, mentre mi lavava, avrei voluto anche solo una volta, sollevare quel braccio inerme e sfiorarle il viso per dirle grazie. Quel grazie che ormai riuscivo a dire solo con gli occhi. Ora però non importa. Ovunque io sia, qualunque cosa stia facendo, se lei mi chiama o la sento triste, lascio tutto e la raggiungo. È lei la mia stella. Arrivato mi accuccio vicino, bisbiglio “Ti amo” e l’accarezzo. Lei mi sente. Sente il mio brusio, forse percepisce come una piuma sulla guancia. Avvolti in questo caldo silenzio, le sue preoccupazioni si sciolgono come neve. Quindi sì… ora sto bene! Sono felice!”
Detto questo, sento Piergiorgio uscire dal mio soggiorno. Le tende si rigonfiano al suo passaggio e chiude educatamente la finestra. Le luci si spengono. Ora riesco ad alzarmi dalla poltrona e a parlare. Mi sgranchisco le estremità e mi avvio in cucina.
Non riesco a smettere di pensare alle parole del Papa: “Aborto, eutanasia e fecondazione sono falsa compassione” e l’obiezione di coscienza è una scelta coraggiosa. Nella mia testa sento ripetere come un mantra: “obiezione di coscienza” e “scelta coraggiosa”. Mi chiedo, questa volta in silenzio, se non è più umano essere codardi.
Pubblicato da Scuola Omero il 25 Novembre 2014