Accessibilità: Immagine rettangolare in orizzontale. Su uno sfondo bianco e azzurro sono disegnati due bambini, uno di fronte l’altro. Il bambino a destra ha in mano un robot Transfomer rosso che sta per dare al bambino di fronte, che lo guarda con espressione sorpresa. Entrambi i bambini hanno i capelli corti e una maglietta a maniche corte: gialla per il bambino di destra, bianca col colletto verde per il bambino di sinistra. In alto a destra un rettangolino bianco in verticale con la data di pubblicazione del racconto su questo sito: 6 Maggio 2019.
Ieri ho compiuto 6 anni, Papi e Papo, i miei papà, mi hanno regalato il robot Transformer che desideravo da mesi. È rossa Ferrari, un’auto sportiva, elegante proprio come Papi, ma quando si trasforma diventa forte, proprio come Papo, pronto a difendere. Per poterlo portare a scuola ho dovuto promettere a Papi che non l’avrei rotto. Per tutta la giornata sono stato attentissimo: l’ho tenuto accanto a me sul banco durante il compito, a ricreazione ho giocato facendo attenzione a non farlo sporcare di terra, quando ho visto che Andrea uno dei miei compagni lo puntava con lo sguardo, l’ho tenuto stretto tra le mani. Ero riuscito a salvare il robot. Ma poi all’uscita di scuola, mentre corrono tutti verso l’uscita verso i genitori e la maestra è impegnata a farli stare buoni, Andrea arriva e mi strappa il robot di mano, saltando in segno di vittoria col braccio sollevato.
– È mio… è mio!
– Ridammelo, ridammelo ho detto!
Salto seguendo il suo ritmo cercando di riprendermi il robot. Andrea lo agita per aria tenendolo per un braccio:
– Attento. Non romperlo. Papi e Papo mi sgrideranno.
Ma lui ride forte e mi spinge contro la parete dove sono appesi tutti i giubbotti che mi fanno da cuscino, qualche cappotto mi cade anche addosso. Continua a ridere sempre più forte, sembra uno di quei cattivi dei cartoni.
– Ma non ti vergogni!
Mentre mi tolgo i giubbotti di dosso, lo guardo come quando Papi dice una parola in francese che non ho mai sentito.
– Sì lo dice anche il mio papà: i tuoi sono immoralti.
Questa volta lo guardo come quando Papo parla in inglese che proprio non lo capisco:
– Sì immoralti, quando fai una cosa sbagliata che proprio non si deve fare. Vedi, i tuoi non ti dicono niente…
Intanto il robot è ancora nelle mani di Andrea che se lo lancia da una mano all’altra oppure, lo tira in aria e poi lo prende al volo quando sta quasi per toccare terra. Devo salvarlo. Mi lancio su Andrea a occhi chiusi, urlo:
– Ridammelo!
Ma lui mi schiva.
– Non mi hai preso, sei proprio una femmina, ha ragione papà diventerai anche tu immoralte come loro.
Chiudo ancora gli occhi, prendo la rincorsa e mi rilancio su di lui.
– È mio!
Questa volta non chiudo gli occhi, lo punto bene, fa ancora quella risata cattiva e lo lancia in aria come i birilli di quel giocoliere che ho visto al circo la settimana scorsa. Mi lancio su di lui e gli colpisco un braccio e sta quasi per perdere l’equilibrio. Il robot è ancora in aria e scende veloce, sempre più veloce. Allungo un braccio, ma sento solo l’aria che mi passa vicino, Andrea mette la mano sotto e lo afferra al volo. Sono tutti usciti, adesso la maestra ci vede e riprende Andrea:
– Ridagli il gioco.
– È tuo, lo vuoi? Allora prendilo.
Lancia il robot lontanissimo verso il cancello. Corro, devo correre, devo correre, devo correre più del vento, come Flash. Il robot sta per crollare sull’asfalto, mi lancio come un portiere, chiudo gli occhi e allungo le braccia.
Eccolo lo sento cadere tra le mie mani. Mi sollevo, pulisco con la mano i pantaloni e in quello stesso istante mi sento chiamare:
– Gabri tesoro vieni!
La voce di Papi e Papo, sto per corrergli incontro poi mi fermo, guardo Andrea, è solo con la maestra e ha lo sguardo triste, spaventato come il mio quando ho paura del buio e chiamo Papo. Guardo il robot poi guardo Andrea, poi ancora il robot. Corro verso di lui, allungo la mano e glielo do:
– Tieni ti farà compagnia, me lo ridai domani.
Poi corro da Papi e Papo che mi aspettano per tornare a casa.
Ho partecipando al concorso Racconti per Corti 2019 con il racconto “Papi e Papo“.