Accessibilità: Immagine rettangolare in orizzontale con lo sfondo bianco. In primo piano è disegnato un pupazzo di neve con cappello, sciarpa e guanti neri mentre saluta con la mano sinistra. A destra, poco dietro il pupazzo, la sagoma di una donna voltata a guardarlo. La donna ha i capelli lunghi neri, ha le mani in tasca e indossa pantaloni neri su una maglia bianca. In alto a destra un rettangolino bianco in verticale con la data di pubblicazione del racconto su questo sito: 3 Marzo 2019.
Mi sono innamorata subito di lui; non so: forse quella lunga carota arancione al posto del naso o quei grandi bottoni neri. Ero appena arrivata alla baita di montagna. Quando mi vede si fa strada tra i bambini che gli fanno festa e viene verso di me, mi prende la mano:
– Signorina posso fare qualcosa per lei?
La sua voce algida mi dà un brivido lungo la schiena:
– Ma ha freddo…
Non finisce nemmeno la frase che si sfila la sciarpa a strisce bianche blu che ha attorno al collo e mi avvolge. Nessuno lo aveva mai fatto per me: i miei ex non si sarebbero sfilati nemmeno un calzino, se non per farselo lavare. Natale, invece, era premuroso e appassionato: mi dovevo vestire come per andare a sciare ogni volta che facevamo l’amore nella ghiacciaia, tra merluzzi interi e quarti di bue, Natale non sfigurava affatto.
Decido così di invitare la mia amica Maria per farglielo conoscere.
Natale girava avanti e indietro, passava dalla cucina al salone fermandosi solo per guardare dalla finestra e poi l’orologio:
– Il tacchino è pronto?
– Stai lontano dalla fiamma, ci penso io.
Gronda gocce d’acqua da sotto il cappello a cilindro, ma il camino l’ho già spento. Si allenta con la mano il cravattino che aveva messo per l’occasione:
– Stai tranquillo!
Ma lui non mi ascolta ipnotizzato com’è dalle lancette dell’orologio, dal tempo che passa. Quando bussano alla porta fa un salto che il cappello gli si alza un metro da testa, per ricadere a tre quarti.
Corre incontro a Maria e galante come sempre si china per il baciamano. Maria lo segue con gli occhi sgranati, poi mi lancia un occhiataccia come a dire: “Ma è lui?”.
Rispondo con un’occhiata che dice: “Sì perché?”.
Maria non si toglie né cappotto né guanti, anzi si alita tra le mani disposte a conchetta e le strofina tra loro:
– Certo che fa freddo qui…
Non sento freddo ma per ospitalità accendo il fuoco. Natale si allontana dalla fiamma, va a prende il secchiello del ghiaccio con una bottiglia di prosecco che spunta fuori a metà. Lo versa come un sommelier nelle flûte. Prende uno dei bicchieri e allungando il braccio lo porge a Maria incollata al fuoco e senza nemmeno muovere un muscolo lo guarda con un sorriso strano:
– Perché non me lo porti?
– Aspetta ci penso io!
Ma Natale mi blocca con la mano e restando con il braccio steso si avvicina. Più si avvicinava alla fiamma più gocciola dalla fronte, dalle braccia, dal busto. Il braccio trema come il prosecco nel bicchiere. Gli occhi sembrano scivolare e il volto raggrinzirsi in un’espressione di dolore. In un lampo prendo il secchiello del ghiaccio e lo riverso sul fuoco che si spegne di colpo. Mi guardano.
– Certo che fa proprio caldo oggi.
Ci sediamo a tavola, il tacchino fumante è al centro, faccio le porzioni, poi mi siedo. Mentre una nuvola di fumo si propaga dal piatto di Natale, nell’attesa che si raffreddi, parla e gesticola: spazia tra musica, poesia, cita frasi di Kant. Il suo sguardo è pieno di passione, i suoi gesti sono sicuri, fieri da condottiero. Starei ore a sentirlo parlare. Maria invece lo guarda come si guarda la busta dell’umido che tra poco sarai costretto a portare fuori. Maria ha ancora quel sorriso strano stampato in volto, lo interrompe:
– Che fai? Mangi freddo…
Poi indicando me con un cenno della testa:
– E’ un peccato… si è impegnata tanto…
Natale guarda Maria, poi il piatto fumante. Non se lo fa ripetere due volte: prende il coltello e taglia un pezzo di tacchino e si porta piano la forchetta alla bocca.
Apre la bocca, mantenendo lo sguardo fisso sul pezzo di tacchino che si avvicina. La mano gli trema sempre più forte. Una volta in bocca chiude le labbra e gli occhi, deglutisce senza masticare come se stesse ingerendo fiamme. Il bolo bollente quasi gli squaglia la bocca rendendo trasparente il suo percorso. Natale a forza di sciogliersi è quasi diventato la lastra di se stesso. Vedo il bolo passare dalla bocca al collo, scende lentamente, arrivato all’altezza del petto scopre un grande cuore rosso pulsante.
Ma Maria sembrava non vedere nulla:
– Prendi un pezzo così piccolo? Non ti piace?!
Respira profondamente e prende un altro pezzo, sta per portarlo alla bocca, ma gli fermo la mano e guardandolo negli occhi:
– No! Non serve!
All’improvviso Maria si alza in piedi e guardandomi fissa:
– Devo andare in bagno, accompagnami.
Sono quasi sicura di non avere più 15 anni ma vado lo stesso. Appena arrivate in bagno Maria accosta la porta:
– Ma sei pazza?
– Perché… non senti come cita Kant?
Indicando con la mano fuori la porta socchiusa e alzando la voce:
– Ma non lo vedi che è un pupazzo… è solo un pupazzo…
– La smetti? So che con lui può durare…
Maria mi interrompe bruscamente:
– Sì durerà fino al primo sole di primavera… e poi che farai? Lo asciugherai dal pavimento e via? Resto in silenzio qualche istante, ma quanto basta per sentire la porta d’ingresso che sbatte. Corro nel soggiorno seguita da Maria. Abbandonati sul tavolo il cilindro e sopra il cravattino. Maria mi raggiunge e mi afferra per un braccio, ma mi svincolo, corro alla porta e esco.
È lì in fondo al viale, cammina piano. Accelero per raggiungerlo fino a arrivare al suo fianco. Senza guardarmi con lo sguardo fisso davanti a sé:
– Lo sai che la tua amica ha ragione… sono solo un pupazzo…
Lo guardo e sorridendo:
– Di pupazzi ne ho conosciuti tanti, ma nessuno come te…
Poi lo prendo per mano e lo tiro verso casa, ma lui mi trattiene:
– E d’estate che faremo?
– Accenderemo l’aria condizionata.
Pubblicato dalla Scuola di Scrittura Omero il 13 Novembre 2017